L’arrampicata sportiva è una disciplina totalmente diversa tanto dall’alpinismo quanto dalla scalata classica, non essendo dunque di esclusiva competenza delle guide alpine.

Abbiamo deciso di scrivere una serie di articoli per contrastare la disinformazione generata dalle Guide Alpine nel tentativo di modificare o creare leggi per ottenere il monopolio dell'arrampicata sportiva. Obiettivo di questo articolo è quello di evidenziare le differenze fra “arrampicata sportiva” e “scalata classica"

L’istruttore di arrampicata sportiva si occupa dell’insegnamento del movimento biomeccanico del corpo nello sport dell’arrampicata, sia essa praticata in indoor che nelle falesie (outdoor), palestre di roccia naturali (strutture estranee alla pratica dell’alpinismo, all’alta quota e alle zone prossime alle cime delle montagne); inoltre tale attività, non solo non prevede l’accompagnamento in ascensioni in montagna, ma nemmeno su terreni innevati, né tantomeno l’insegnamento delle tecniche alpinistiche. L’arrampicata sportiva non utilizza in alcun modo gli strumenti tipici ed esclusivi della professione di Guida Alpina, quali piccozze, ramponi, chiodi da roccia e da ghiaccio, ecc. Nella pratica dell'arrampicata vengono invece utilizzati alcuni materiali - come imbragature, moschettoni e corde - che non possono essere considerati esclusivi dell’alpinismo, e che, del resto, sono impiegati in numerose altre attività professionali e ricreative, ad esempio nei parchi avventura, nei cantieri edilizi, nella potatura degli alberi, nei lavori su fune, nel canyoning, nella speleologia, nella vela, in marina, nelle palestre di arrampicata, ecc.

Cenni di storia dell'arrampicata sportiva
Le pareti di fondovalle, che in molti chiamano falesie secondo la consolidata definizione francese, sono il terreno di gioco per una nuova disciplina: l’arrampicata sportiva. L’arrampicata sportiva esplode in Italia grazie alle prime gare di arrampicata del 1985, svolte a Bardonecchia nella falesia dei Militi, al confine con la francia.

Arrampicata classica e arrampicata sportiva
Non sempre il fenomeno dell’arrampicata sportiva viene facilmente compreso dai non praticanti, ed il fatto che provenga dall’alpinismo e dall’arrampicata classica, da cui si è resa ampiamente indipendente, può avere generato confusione e definizioni improprie. Soprattutto quella di “sport estremo”, quindi non adatto a tutti. L’arrampicata classica è la salita di una parete rocciosa (limitiamoci a questo elemento) proteggendosi, in caso di caduta, con ancoraggi di affidabilità variabile, quali chiodi od altri dispositivi amovibili da posizionare nelle fessure naturali. La tenuta di questa tipologia di ancoraggi è soggetta a molte variabili e non è da considerarsi sempre affidabile, necessitando di una attenta ed esperta valutazione da parte dello scalatore. In arrampicata sportiva le protezioni sono costituite invece da tasselli ad espansione (Fix) o da fittoni resinati che, se posizionati correttamente e verificati regolarmente, offrono uno standard di affidabilità elevatissimo. L’arrampicata classica-tradizionale e più in generale l’alpinismo fanno quindi riferimento a motivazioni che si possono riassumere nella ricerca dell’avventura. Questo implica dover spesso affrontare l’incognita della ricerca dell’itinerario, il mutare delle condizioni ambientali, la qualità della roccia e l’affidabilità delle protezioni continuamente da verificare, l’isolamento, i pericoli oggettivi e la difficoltà di una eventuale ritirata. L’obiettivo principale dell’arrampicata sportiva è la salita dell’itinerario utilizzando per la progressione unicamente le asperità della roccia (appoggi ed appigli) e non l’ancoraggio, che deve servire solo come protezione in caso di caduta: si parla in questo caso di arrampicata libera. Lo scalatore non deve essere limitato psicologicamente dalla qualità della roccia o dai pericoli ambientali e nemmeno dalla qualità delle protezioni, ma eventualmente solo dalla loro distanza (più questa è accentuata, più l’eventuale “volo” risulta lungo e, anche se la caduta in arrampicata sportiva è una eventualità normalmente accettata, costituisce sempre una sorta di freno mentale). Queste distinzioni non sono di immediata comprensione per i “non addetti ai lavori” e si prestano a facili equivoci. E’ fondamentale considerare che l’arrampicata sportiva, come tutte le attività outdoor, non esclude l’accettazione dei rischi in quanto non ne è esente. Questi, tuttavia, sono di gran lunga minori rispetto a quelli che si affrontano nell’arrampicata classico-tradizionale o, paradossalmente, in attività “non tecniche” quali l’escursionismo o addirittura la ricerca di funghi. La diffusione dell’arrampicata sportiva testimonia, comunque, come essa non vada più considerata come sport estremo, in nome di una fuorviante spettacolarizzazione, ma piuttosto come sport estremamente popolare”.

Quest'ultimo paragrafo sopra riportato è virgolettato perché non l'abbiamo scritto noi, ma è ripreso della parte di testo del punto 1.3 della deliberazione N°X/4172 seduta del 16/10/2015 Regione Lombardia, “Progetto di valorizzazione del sistema delle falesie lecchesi”. Si tratta di un accordo tra Regione Lombardia, Comunità montana, Comune di Lecco, COLLEGIO REGIONALE GUIDE ALPINE LOMBARDIA, Provincia di Lecco e Camera di Commercio di Lecco. Per tale progetto sono stati stanziati 450.000,00 euro, con l’obiettivo riqualificare le falesie.

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